La Corte costituzionale, con sentenza n. 43 del 2024, ha dichiarato costituzionalmente illegittimo l’articolo 103, comma 10, lett. c), del decreto-legge n. 34 del 2020, nella parte in cui include fra i reati che comportano l’automatica esclusione dalla procedura di emersione del lavoro irregolare la previa condanna per il cosiddetto piccolo spaccio.
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La Corte costituzionale, con la sentenza n. 22, depositata il 22 febbraio 2024, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’articolo 2, primo comma, del decreto legislativo 4 marzo 2015, n. 23, limitatamente alla parola “espressamente”. Tale disposizione, quindi, è stata ritenuta illegittima nella parte in cui, nel riconoscere la tutela reintegratoria, nei casi di nullità, previsti dalla legge, del licenziamento di lavoratori assunti con contratti a tutele crescenti (quindi a partire dal 7 marzo 2015), l’ha limitata alle nullità sancite “espressamente”.
La Corte costituzionale, con la sentenza n. 7, depositata il 22 gennaio 2024, ha dichiarato non fondate le questioni di legittimità costituzionale degli articoli 3, primo comma, e 10 del decreto legislativo 4 marzo 2015, n. 23, il quale, in attuazione della legge di delega n. 183 del 2014 (cosiddetto Jobs Act), ha introdotto il contratto di lavoro a tempo indeterminato a tutele crescenti in relazione all’anzianità di servizio.
La Corte costituzionale, con la sentenza n. 209 del 24 novembre 2023, ha dichiarato inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’art. 103, commi 5 e 6, del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34 (Misure urgenti in materia di salute, sostegno al lavoro e all’economia, nonché di politiche sociali connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19), sollevata, in riferimento agli artt. 10, secondo comma, e 76 della Costituzione, dal Tribunale amministrativo regionale per l’Umbria, sezione prima.
La Corte costituzionale, con la sentenza n. 149 del 7 giugno 2023 (pubblicata il 18 luglio 2023), ha dichiarato la illegittimità costituzionale dell’articolo 103, comma 1, del DL 34 del 2020, nella parte in cui prevede che la domanda per concludere un contratto di lavoro subordinato con cittadini stranieri presenti sul territorio nazionale ovvero per dichiarare la sussistenza di un rapporto di lavoro irregolare, tuttora in corso, con cittadini italiani o stranieri possa essere presentata solo da datori di lavoro stranieri in possesso del permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo, invece che da datori di lavoro stranieri regolarmente soggiornanti in Italia.
Non può essere automaticamente respinta la richiesta di rinnovo del permesso di soggiorno per motivi di lavoro in caso di condanna dello straniero per alcuni fatti di lieve entità.
La Corte costituzionale, in un comunicato del 1° dicembre 2022, informa di aver ritenuto inammissibile, per ragioni processuali, la questione relativa alla impossibilità, per gli esercenti le professioni sanitarie che non abbiano adempiuto all’obbligo vaccinale, di svolgere l’attività lavorativa, quando non implichi contatti interpersonali.
La Corte costituzionale, con la sentenza n. 234 del 24 novembre 2022, ha dichiarato la legittimità costituzionale dell’art. 14, comma 3, del decreto-legge 28 gennaio 2019, n. 4 (Disposizioni urgenti in materia di reddito di cittadinanza e di pensioni), nella parte in cui prevede la non cumulabilità della pensione anticipata Quota 100 con i redditi da lavoro, fatta eccezione per quelli da lavoro autonomo occasionale entro il limite di 5.000 euro lordi annui.
La Corte costituzionale, con la sentenza n. 183 depositata il 22 luglio 2022, pur dichiarando inammissibile la remissione del Tribunale di Roma circa l’indennità risarcitoria per il licenziamento illegittimo (fino a 6 mensilità), invita il Parlamento a rivedere la norma, affermando che, in caso di inottemperanza, dovrà intervenire.
La Corte costituzionale con la sentenza n. 125 del 19 maggio 2022 ha affermato che, in materia di disciplina dei licenziamenti, ai fini della tutela dell'articolo 18 (Legge n. 300 del 1970), nel testo modificato dalla riforma Fornero (Legge n. 92 del 2012), il giudice non è tenuto ad accertare che l’insussistenza del fatto posto a base del licenziamento economico sia "manifesta" (settimo comma, secondo periodo).